Motori benzina e diesel anche dopo il 2035, sì alle ibride plug-in
Secondo alcune indiscrezioni, in queste ore l'UE starebbe valutando la possibilità di annullare il divieto di vendita di auto termiche previsto per il 2035, concedendo una deroga per le ibride ricaricabili.
Auto ibrida plug-in: questa la soluzione su cui – secondo voci di corridoio – l’UE starebbe riflettendo in deroga al bando termico 2035. Si tratta, come noto, di vetture a benzina con motore elettrico in ausilio, ricaricabile. Così andrebbe in frantumi il progetto del Green Deal full electric concepito nel 2019 da Bruxelles, che non sta dando i frutti sperati: sono macchine che si vendono, per qualche settimana, solo dietro ecobonus statali corposi.
Fra le ragioni del flop elettrico, il prezzo elevato, l’autonomia ridotta, il numero insufficiente di colonnine di ricarica, il costo elevatissimo dell’elettricità, la perdita di valore precoce. A essere precisi, l’ibrido plug-in cancellerebbe il bando termico europeo, non si limiterebbe ad allentarne i vincoli: la regola prevista era l’elettrico totale senza contaminazioni termiche.
Motori benzina e diesel anche dopo il 2035
La presunta idea nasce all’interno del Dialogo strategico sul futuro dell’automotive lanciato il 30 gennaio dalla Commissione Europea del leader tedesco Ursula von der Leyen (Partito Popolare), che intende rivoluzionare il mondo auto in poco più di un mese. Il Piano arriverà il 5 marzo dopo i lavori guidati da quattro Commissari su altrettante aree tematiche (Clean Transition, Industrial Value Chain, Technological and Digital Innovation, Skills and Social considerations).
Dopodiché, le discussioni del Trilogo: Commissione più Parlamento più Consiglio UE. Obiettivo, dare ossigeno a un’industria auto stremata, su cui pende la spada di Damocle delle multe 2026 (1,5 miliardi di euro) per le emissioni 2025. E arginare l’emorragia del comparto, con 50.000 licenziamenti e massima incertezza per colossi del calibro di VW.
Auto ibride plug-in: l’eterna questione
Se c’è una tecnologia che solleva discussioni a non finire, è proprio l’ibrido plug-in. Visto spesso come un ponte per arrivare all’elettrico senza subire troppe multe dall’UE in fatto di emissioni inquinanti. Dalla sua, l’hybrid alla spina ha il vantaggio di contare su un propulsore a benzina che dà tranquillità, eliminando l’angoscia del pieno.
Di contro, è in genere un mezzo pesante, complicato, sebbene siano stati fatti passi avanti. Qualora l’automobilista non ne faccia un uso intelligente, caricando l’accumulatore e andando in elettrico, il veicolo diviene a tutti gli effetti termico. Inquinante e con consumi non bassi, considerando la mole della vettura.
No totale della lobby iper green
Transport & Environment, organizzazione indipendente, fra i soggetti che partecipano al Dialogo strategico, e quindi con un certo peso nell’UE, proseguendo la sua (lecita) opera di lobbying, già nel 2022 disse un no a chiare lettere alle auto termiche ibride plug-in.
“Una pericolosa distrazione, non una soluzione climatica”. Intendendo dire che fanno deviare rispetto al target vero, l’elettrico a zero emissioni. Tre anni fa, T&E incaricò l’Università di Graz di fare un test su strada sulle ibride alla spina. Che ne uscirono malissimo: voto in pagella basso davvero. Nel mirino finirono BMW Serie 3, Peugeot 308 e Renault Mégane. Le emissioni di CO2 reali delle PHEV risultarono volare a 85-114 g/km, il triplo della valutazione “ufficiale artificialmente bassa”. A batteria scarica, emissioni di CO2 in città da cinque a sette volte superiori ai valori ufficiali. La seconda criticità? I guidatori incapaci di sfruttare con astuzia gli accumulatori. Ma questo è un problema del driver, non del costruttore, che vale per tutti i veicoli con qualsiasi propulsione.
Puzza di bruciato nel 2022
T&E tre anni fa mise in guardia: le PHEV “mettono a rischio l’integrità delle future zone a zero emissioni limitando i benefici per il clima e per la qualità dell’aria”. In effetti, la, lobby green pare sia stata profetica, giacché oggi tornano clamorosamente alla ribalta le hybrid plug-in.
Polemiche feroci sul Green Deal
Tutte queste indiscrezioni sull’auto termica e sull’alt all’elettrico hanno scatenato la furia dei Socialisti (S&D) contro i Popolari. Infuriato Mohammed Chahim, membro della Commissione Ambiente, contro la von der Leyen, la quale viene accusata di fare retromarcia sul Green Deal in generale. Fulmini e saette da Alex Agius Saliba, vicepresidente del gruppo responsabile per la comunicazione e membro della Commissione Mercato interno: “Il Green Deal è e resta una priorità per noi. Non accetteremo che la deregolamentazione e limitazione delle nostre ambizioni in nome della competitività”.
Discussioni che fanno traballare la già pericolante Commissione bis, nata sulla scorta di compromessi dopo un parto travagliato. Sullo sfondo, la paura di perdere le elezioni del 23 febbraio 2025 in Germania, che si annunciano fra le più drammatiche di ogni epoca, con la destra che – moribonda nel 2019 – potrebbe riottenere il trono per il suicidio economico della sinistra verde teutonica.
Trump il rivoluzionario
La verità è che ieri l’UE green godeva dell’appoggio di Joe Biden: a braccetto, Bruxelles e Washington procedevano verso l’elettrico. Dal 20 gennaio 2025, come noi avevamo previsto, c’è il fattore Trump, che punta dritto sul motore termico. Adesso le cose per la Commissione UE, già sotto il profilo politico pencolante, sono cambiate: difficile andare contro in contemporanea a Stati Uniti, Russia, Cina, mentre si tenta di arginare il conflitto in Ucraina.
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