Un’invenzione italiana che ha cambiato il mondo: riacceso il primo motore a scoppio a tre tempi
Il Museo Galileo di Firenze ha ospitato l'accensione della fedele riproduzione del primo motore a scoppio, progettato nel 1853 da Barsanti e Matteucci. Realizzata dal Club Moto d’Epoca Fiorentino, la replica funziona secondo le specifiche originali.
Il motore a scoppio è stato inventato dagli italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci nel 1853 e brevettato nel 1854 a Firenze. Nel 2022, un gruppo di appassionati fiorentini ha avviato un progetto per ricostruire il motore originale, culminato nel 2024 con la realizzazione di una fedele riproduzione della “macchina animata Barsanti-Matteucci”. L’11 gennaio 2025, questo motore è stato ufficialmente acceso presso il Museo Galileo di Firenze, riportando alla luce un’invenzione spesso erroneamente attribuita a Nikolaus Otto.
Restauro ed accensione del primo motore a scoppio
Il motore a scoppio come detto è un primato italiano, ideato nel 1853 da Padre Eugenio Barsanti e dall’ingegnere Felice Matteucci a Lucca. Il progetto fu depositato a Firenze presso l’Archivio dei Georgofili e l’Osservatorio Ximeniano, con il prototipo costruito nella Fonderia Benini. Nel 2022, il Club Moto d’Epoca Fiorentino (CMEF) ha avviato un progetto per ricostruire storicamente il motore di Barsanti e Matteucci, in occasione del 170° anniversario dell’invenzione.
Dopo uno studio approfondito dei brevetti e dei documenti originali, e con l’ausilio di tecnologie moderne, il team ha impiegato oltre 5.000 ore di lavoro volontario per riprodurre fedelmente la macchina. Nel 2024, il prototipo è stato avviato con successo, funzionando per 7 minuti a 44 giri al minuto, confermando l’efficacia del design originale.
Come era fatto il primo motore a scoppio
Il motore di Barsanti e Matteucci è di tipo gravi-atmosferico a tre tempi ad azione differita. Le sue fasi di funzionamento sono solo l’aspirazione, lo scoppio e lo scarico. Manca del tutto la fase di compressione. Una serie di valvole fa confluire aria e gas metano CH4 (all’epoca era utilizzato il cosiddetto “gas illuminante” con il 50% di idrogeno, 35% di metano, 10% di monossido di carbonio e 5% di etilene) nella camera di combustione posta alla base del singolo cilindro verticale.
Il pistone sta in posizione bassa e l’esplosione della miscela gas/aria tramite scintilla lo fa letteralmente volare verso l’alto ad un’altezza non sempre uguale. Il raffreddamento dei gas e il peso del pistone stesso favoriscono la successiva discesa verso il punto morto inferiore, in modo da poter continuare con un nuovo ciclo. Il lavoro non viene effettuato durante la fase di espansione, non controllabile in questo tipo di motori, ma durante la fase di raffreddamento e di scarico dei gas combusti.
È proprio la fase discendente che risulta essere attiva e permette, attraverso un’asta a cremagliera, di trasmettere il moto del pistone ad una ruota dentata e quindi alla puleggia del volano. Da qui la definizione “ad azione differita”.
Accessione elettrica
Per far funzionare il motore è stato necessario realizzare un sistema di accensione elettrica ad hoc utilizzando un rocchetto Ruhmkorff coevo al progetto di Barsanti e Matteucci: è basato su un trasformatore a induzione composto da due spire di rame (avvolgimento primario e secondario) ed è capace di produrre scintille di notevoli dimensioni.
Il diametro dell’alesaggio del pistone è di ben 150 mm e un simile elemento non si trova in nessun motore ad accensione comandata. Per questo motivo la potenza e la durata della scintilla devono essere adeguate a poter scatenare lo scoppio nella camera di combustione.
Leggi anche:
→ Gli inventori del motore a scoppio
→ Cosa ne pensi? Fai un salto sulla discussioni sul FORUM!