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Citroen DS21 Cabrio Test Classic

Non capita tutti i giorni di vedere per strada una Citroen DS degli anni ’60. Se poi si tratta di un modello cabriolet allora se possibilità si riducono drasticamente dato che delle circa 1.300 prodotte ne sono rimaste un centinaio in circolazione e di queste solo una manciata è in Italia. Quindi quando in occasione della presentazione a Roma della DS DS 3 cabrio Performance Line si è presentata l’occasione di provare la sua antenata la DS21 Décapotable, non ci siamo fatti pregare mettendoci subito al volante di questa dea scoperta.

DS21 Decapotable | Come va – Fare un salto nel passato di quasi 60 anni è di per se già una grande emozione e questa aumenta sapendo che alcuni degli esemplare presenti per la prova su strada provengono da illustri proprietari come la DS19 di Aurelio De Laurentiis o la DS21 appartenuta per tanti anni al Maestro Ennio Morricone.
Se poi veniamo a sapere che il valore di queste cabrio d’annata si aggira intorno ai 200.000 euro allora l’emozione si mescola ad un certo timore reverenziale.  Ma pur essendo una vettura concepita a metà degli anni ’50 viene da pensare di dover re imparare a guidare e invece la DS era per l’epoca un’auto futuristica e molti elementi risultano familiari. Decidiamo di provare l’ultima evoluzione della DS cabrio ovvero la DS21 ad iniezione elettronica del 1971.
Una prima cosa che tuttavia è scomparsa col tempo è il tipo di seduta di queste macchine. Comoda, estremamente soffice…tanto da ricordare il divano di casa così a voler far rilassare il guidatore come se fosse al cinema pronto a godersi il viaggio e tutti i panorami che gli si proiettano davanti al parabrezza e non solo, dato che a capote abbassata il senso di immersività col paesaggio è totale! E ad amplificare la sensazione di libertà è la cintura di sicurezza…ancora assente su questa vettura dato che solo nel 1973 la Francia dichiarò le cinture obbligatorie per legge.


A dominare l’abitacolo è il grosso volante monorazza di bachelite che presenta un diametro eccessivo per i giorni nostri così come la corona troppo sottile, ma questo non scoraggia e anzi si fa impugnare bene. E in compenso tutta la strumentazione circolare è ben leggibile. Le difficoltà arrivano quando si tratta di dover partire. Innanzitutto, bisogna mettere in moto girando la chiave e premendo un pulsante di avvio (fin qui nulla di strano) ma poi tocca aspettare una trentina di secondi affichè la vettura inizi ad alzarsi, prima dietro perchè più leggera e poi davanti, assumendo così la corretta altezza di marcia. Eh si, perchè dovete sapere che queste DS fin dalla loro genesi erano dotate di sospensioni idropneumatiche. Queste consentono alla vettura di “accucciarsi” da ferma e di mantenere un assetto morbido e livellato in marcia andando ad assorbire al meglio le asperità del terreno grazie a un ingegnoso sistema di sfere riempite di olio e azoto separati da una membrana, e poste ai 4 angoli della vettura in corrispondenza delle ruote.
Una volta pronti a partire bisogna familiarizzare innanzitutto con il cambio a 4 marce di tipo semi-automatico e privo del pedale della frizione. Le marce tuttavia vanno selezionate manualmente tramite una particolare leva posta dietro il volante. La prima si inserisce spingendo la leva indietro, verso il cruscotto. Per selezionare la seconda bisogna tirarla a sè in avanti, superando la posizione intermedia del folle e arrivando quindi al secondo rapporto. Terza e quarta sono più semplici in quanto basta ruotare verso destra la leva rispettivamente di uno e due scatti. Acquisita familiarità con il cambio è giunta l’ora di scovare il pedale del freno…perchè sembra non esserci. Al suo posto troviamo una sorta di bottone a forma di fungo posto sul pavimento. Questa soluzione venne adottata per rendere più immediata la risposta del comando annullando di fatto il tempo necessario a percorrere la corsa del pedale. Una trovata audace poi abbandonata per via della ridotta sensibilità che si aveva col comando dato che i freni anteriori erano molto potenti e per la prima volta a disco su una vettura francese. Oltre tutto erano del tipo entrobordo per ridurre le masse non sospese. Devo dire che per noi nati negli anni ’80 prendere familiarità con questo “pulsantone” è piuttosto immediato ma all’epoca non doveva essere facile e a tratti persino sconvolgente.

Il motore che equipaggia questa DS21 i.e. è il robusto 2.175 cc da 139 cavalli dotato di iniezione elettronica Bosch. Risulta parecchio silenzioso anche in movimento e grazie a una generosa coppia di 196 Nm a 4.000 giri è molto elastico. Viaggiare in souplesse con questa vettura è d’obbligo ma quando si tratta di effettuare un sorpasso il propulsore è pronto già da 2.000 giri. La cosa interessante è il suo posizionamento, dietro le ruote anteriori in posizione longitudinale centrale con il cambio rivolto in avanti. Questo unito all’assetto idropneumatico conferiva eccellenti doti di tenuta di strada confermate anche dal nostro test. La vettura è facile da guidare, anche per via della trazione anteriore e per il rudimentale servosterzo che fa bene il suo lavoro. I pneumatici su questo modello sono della misura 185/80 R15 sono dei Michelin XVS, ultima evoluzione dei Michelin XAS asimmetrici introdotti proprio sulla DS. Una curiosità, osservando da dietro la vettura è evidente notare la carreggiata posteriore più stretta dell’anteriore per via del minore peso. Il nostro viaggio si conclude col sorriso sulle labbra raccogliendo tanti consensi dagli automobilisti che ci affiancano incuriositi o ci salutano con la mano fuori dal finestrino delle loro moderne scatolette.


DS Decapotable | La Storia – Al Salone dell’Auto di Parigi del 1958 il carrozziere Henri Chapron fu il primo a realizzare fisicamente le cabriolet su base DS, allestita su base DS19.
Proprio l’interesse suscitato da questa proposta portò alla firma tra Citroën ed Henri Chapron di un accordo vantaggioso per entrambe le parti. La Casa avrebbe fornito gli speciali telai adatti alle estrose creazioni del carrozziere di Levallois; quest’ultimo, in cambio, si sarebbe occupato della produzione e della finizione in piccola serie, con ampia possibilità di personalizzazione, di una versione cabriolet delle ID e DS19 denominata “Décapotable” o più comunemente “Cabriolet Usine”, denominazione scelta per distinguerle dalle cabrio realizzate in esemplare unico o in piccolissima serie per i facoltosi clienti di Chapron. Il nome di Henri Chapron è legato indissolubilmente a quello dell’omonima carrozzeria da lui fondata nel 1919 con sede a Neuilly-sur-Seine, e successivamente trasferitasi a Levallois-Perret, sobborgo di Parigi che nei primi decenni del secolo scorso fu uno dei centri più attivi dell’industria automobilistica francese.
Le Cabriolet Usine, costruite tra il 1961 ed il 1971, furono complessivamente 1365: poche in confronto al milione e mezzo circa di DS prodotte, tra berline e Break. La spiegazione stava nel loro prezzo di vendita, necessariamente elevato per la quantità di lavoro artigianale richiesto per ciascuna di esse. Il prezzo di vendita della DS Cabriolet crebbe negli anni sino ad essere pari a quello di due DS berlina. Per aggiudicarsi una DS Décapotable oggi bisogna sborsare una cifra di 10 volte superiore a quella di una DS berlina!
Alla carrozzeria di Levallois arrivava il telaio completo di meccanica che poi veniva completato lavorando in proprio le lamiere specifiche per le Cabriolet, costruendo la capote (tra le più grandi in Europa) ed il relativo telaio, allestendo le sellerie con pellami specifici, moquette e rivestimenti in molti colori e combinazioni, tanto da rendere oggi quasi impossibile trovare due DS Cabriolet con il medesimo allestimento.
Dal 1964, con l’arrivo della versione Pallas su base DS, la Cabriolet fu disponibile esclusivamente con tale allestimento. L’anno successivo, con la commercializzazione della DS21, questo modello fu scelto come base per le successive Décapotable, sia con cambio meccanico sia semiautomatico. L’ultima evoluzione fu la versione con alimentazione ad iniezione elettronica, capace di sfiorare i duecento chilometri orari, disponibile a partire dal 1970, alla pari della berlina. L’anno successivo fu prodotta l’ultima Cabriolet di serie, mentre Chapron continuò ancora per qualche anno a trasformare berline di clienti privati.

 






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