I portabici montati sulle auto sono fuorilegge? Le direttive
I portabici montati sulle auto sono fuorilegge? Dopo la circolare dello scorso anno, ci sono stati nuovi risvolti. Ecco cosa è successo.
I portabici montati sulle auto potrebbero essere fuorilegge. Ecco cosa è successo recentemente, e le normative del Mit, le quali potrebbero vietare ai ciclisti in vacanza di portare con sé le bici.
Le normative sui portabici
La decisione, che prevede il divieto di alcune portabici da auto, è arrivata proprio alla fine di agosto. Questa è sicuramente una problematica che vede protagonista coloro che hanno investito cifre notevoli al fine di trasportare in massima sicurezza la propria bici.
Pochi giorni fa è stato presento il ricorso da nove aziende che producono, vendono ed installano accessori per veicoli contro la circolare numero 0025981 del Ministero dei Trasporti, e che il TAR del Lazio ha respinto. Attraverso tale circolare, si evince quanto segue:
“… Si rende opportuno rivedere le disposizioni già emanate con le circolari n. B103 del 27.11.1998 e B041
del 6.05.1999, anche per i veicoli di categoria M1 per quanto riguarda le strutture portasci e portabiciclette. Le circolari sopracitate richiamano la Direttiva n. 79/488/CEE, ad oggi sostituita dal regolamento UNECE – ossia le “disposizioni uniformi concernenti l’approvazione di veicoli per quanto riguarda le sporgenze esterne” – normativa in base alla quale le strutture portascì possono essere omologate quali entità tecniche
indipendenti, destinate ai veicoli della categoria M1. Le strutture portabici, ancorché non omologabili perché non contemplate nel sopracitato regolamento UNECE 26, sono accessori leggeri ed amovibili, che non modificano in modo significativo la massa a vuoto del veicolo e possono essere applicati sullo stesso, al pari dei portascì che, però, sono omologati come entità tecniche“.
La circolare continua, specificando qual è l’installazione corretta di portabici e portascì:
“Premesso quanto sopra, si rende opportuno specificare le modalità di installazione delle strutture
amovibili portascì e portabiciclette applicate a sbalzo posteriormente su appositi punti di aggancio previsti dal costruttore del veicolo o sul gancio di traino a sfera del veicolo“.
Dunque, “è ammessa l’installazione delle strutture amovibili in parola alle seguenti condizioni:
- Lunghezza non superiore a 1,20 m, comprensiva delle cose trasportate (biciclette e sci collocati perpendicolarmente all’asse mediano del veicolo), nel rispetto dei limiti massimi di sagoma indicati dall’articolo 61 del Codice della strada (in seguito CdS) e dalla normativa europea relativa a masse e dimensioni;
- Larghezza non superiore, comprensiva delle cose trasportate, a quella dell’autoveicolo con il limite massimo di 2,35 m;
- Altezza, comprensiva delle cose trasportate, non superiore a 2,50 m. Si fa presente che le strutture amovibili portascì e portabici possono essere installate sugli autoveicoli di categoria M1 senza l’obbligo di annotazione sul documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo, salvo che non vengano ostruiti, anche parzialmente, i dispositivi di illuminazione, di segnalazione visiva e la targa“.
Portabici, ulteriori misure
Ma non è finita qui, perché il Ministero ha introdotto un’altra misura, ossia quella che prevede una visita ed un test presso l’Ufficio della Motorizzazione Civile (con aggiornamento della carta di circolazione) nel caso in cui l’assembramento comporti una parziale ostruzione della targa o dei fanali.
Le società specializzate si sono poi rivolte al giudice amministrativo, chiedendo di annullare gli atti firmati dal direttore generale del Dipartimento della Mobilità Sostenibile – secondo loro quest’ultimo non ne avrebbe il potere – e aggiungendo che le nuove norme saranno discriminatorie nei confronti dei cittadini italiani, in quanto gli altri cittadini europei sarebbero praticamente “esclusi” da tali normative.
La richiesta respinta dal TAR ed il ribaltamento successivo delle cose
La richiesta di sospensiva cautelare è stata respinta dal TAR nel novembre 2023, ma successivamente (due mesi dopo per la precisione) il Consiglio di Stato ha capovolto le cose, in attesa del giudizio di merito.
Tale giudizio di merito è stato emesso, e si evince dunque l’arresto al ricorso ed alle norme vigenti, salvo nel caso in cui la controversia viene trainata in secondo grado. La commissione presieduta da Giuseppe Sapone ha dichiarato inammissibile il reclamo per mancanza di legittimazione attiva da parte delle aziende del settore.
In sintesi, i giudici sono del parere che:
“Gli adempimenti amministrativi previsti dal codice della strada e contemplati dalle impugnate circolari non si appalesano sproporzionati, in quanto funzionali a salvaguardare la sicurezza del traffico veicolare. Non si appalesa limitativo della libertà di circolazione delle persone fisiche nel territorio italiano la eventuale mancata possibilità di installazione di dispositivi portascì e portabici su un autoveicolo per ragioni tecniche legate alla sicurezza della circolazione“.
Controversie e polemiche
Malgrado le buone intenzioni, queste nuove regole hanno incontrato critiche contrastanti, soprattutto da parte dei cicloturisti e dei produttori di portabici. Le ragioni principali sono le seguenti:
- Una misura troppo rigida: molte portabici sul mercato non soddisfano più le ultime normative, costringendo i proprietari a sostituirli.
- Impatto sul cicloturismo: le restrizioni possono limitare la capacità di trasportare più di una bicicletta per veicolo, rendendo più difficili i viaggi di gruppo.
- Costi aggiuntivi: l’obbligo di installare dispostivi ripetitori e targhe aggiuntive, può comportare costi più elevati per gli utenti.