Stop vendita auto benzina, diesel, GPL/metano e ibride, ufficiale dal 2035
Dal 2035 sarà vietata la vendita di auto nuove a benzina, diesel, GPL/metano ed anche ibride. Per scoraggiare l’acquisto di veicoli endotermici già dal 2023 aumenteranno le tasse sui carburanti.
L’Europa è vicinissima a decretare la fine dei motori a combustione benzina e diesel. Lo stop alla vendita scatterà a partire dal 2035, come prevede la proposta della Commissione Europea all’interno di “Fit for 55”, un pacchetto di provvedimenti su ambiente, energia, trasporti, consumo del suolo e politiche fiscali finalizzati a contrastare i cambiamenti climatici e a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030.
Stop alla vendita di auto benzina, diesel, GPL/metano e ibride
La rivoluzione vedere dell’Europa è stata presentata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Per attuarla si vanno a colpire i carburanti fossili soprattutto nei trasporti, introducendo standard più severi in maniera di emissioni (normativa Euro 7).
Le emissioni medie delle nuove auto secondo l’Europa dovranno diminuire del 55% dal 2030 e del 100% dal 2035, rispetto ai livelli del 2021. Perciò dal 2035 non potranno essere più immatricolate auto a benzina e diesel. Ma la fine potrebbe essere anche anticipata.
Nuove tasse sui carburanti
Per scoraggiare gli automobilisti europei ad acquistare veicoli endotermici la Commissione Europea ha proposto anche nuove tasse sui carburanti, con i prezzi di benzina e diesel che almeno in Italia hanno già raggiunto quotazioni record. Parallelamente ci saranno meno tasse sull’elettricità, proprio per incentivare l’acquisto di veicoli elettrici.
Le nuove tasse sui carburanti dovrebbero essere applicate gradualmente a partire dal 2023, con laa tassazione minima sulla benzina che passerebbe da 0,359 a 0,385 centesimi al litro, quella sul gasolio da 0,330 a 0,419 centesimi al litro. Le tasse minime sull’elettricità passeranno da un euro a Megawatt/ora a 58 centesimi.
Colonnine di ricarica in autostrada ogni 60 km
Lo sviluppo della mobilità elettrica passerà anche soprattutto dal potenziamento delle infrastrutture di ricarica. Nel pacchetto Fit for 55 la Commissione Europea ha previsto di rivedere i regolamenti sulle infrastrutture per i combustibili alternativi.
Nello specifico si chiede agli Stati membri di potenziare la rete di ricarica in linea con le vendite di autovetture a emissioni zero e di installare punti di rifornimento a intervalli regolari sulle principali autostrade: ogni 60 chilometri per le elettriche e ogni 150 chilometri per l’idrogeno.
Stop vendita auto termiche, ACEA: “Sbagliato imporre o vietare una tecnologia”
Ora si apre la fase dibattimentale con la proposta che sarà con molto probabilità approvata anche se non mancano le critiche, come quelle dell’ACEA (Associazione Europea dei produttori di automobili) che in una nota ha dichiarato che:
L’obiettivo di riduzione di CO2 proposto per le auto del 55% entro il 2030 (basato sui livelli del 2021) sarà molto impegnativo e richiede certamente un corrispondente obiettivo vincolante per gli Stati membri per costruire le necessarie infrastrutture di ricarica e rifornimento – ha dichiarato Oliver Zipse, presidente dell’associazione e amministratore delegato della BMW.
L’attuale proposta per un taglio ancora maggiore delle emissioni di CO2 entro il 2030 richiede un ulteriore massiccio aumento della domanda di mercato per i veicoli elettrici in un breve lasso di tempo. Senza un significativo aumento degli sforzi da parte di tutte le parti interessate, inclusi gli Stati membri e tutti i settori coinvolti, l’obiettivo proposto è semplicemente non praticabile.
Tutte le opzioni, inclusi motori a combustione interna altamente efficienti, ibridi, veicoli elettrici a batteria e a idrogeno, devono svolgere il loro ruolo nella transizione verso la neutralità climatica, in particolare mentre lavoriamo per ridurre l’impronta di carbonio dell’intera flotta di veicoli su strada, quindi non solo di nuovi veicoli. Non è il motore a combustione interna ad essere dannoso per l’ambiente, ma i combustibili fossili. Senza la disponibilità di combustibili rinnovabili, un obiettivo di riduzione del 100% nel 2035 è effettivamente un divieto del motore a combustione interna.
Nel contesto delle restrizioni tecnologiche proposte dal 2035 in poi, esortiamo tutte le istituzioni dell’UE a concentrarsi sull’innovazione piuttosto che imporre o vietare efficacemente una tecnologia specifica.
Inoltre sulle nuove infrastrutture di ricarica ACEA è molto preoccupata che gli obiettivi siano molto al di sotto di quanto richiesto, con un preoccupante riferimento a soli 3,5 milioni di punti di ricarica entro il 2030. Secondo recenti calcoli della Commissione un’ulteriore diminuzione delle emissioni di CO2 delle auto a -50 % nel 2030 richiederebbe circa 6 milioni di punti di ricarica pubblicamente disponibili”.
ANFIA: “Forte preoccupazione nelle misure previste nel pacchetto Fit for 55”
L’annuncio della Commissione Europa è criticato anche in Italia da ANFIA che in una nota esprime sconcerto e forte preoccupazione per la proposta, prevista nel pacchetto Fit for 55:
“Pur essendo consapevoli dell’importante ruolo che l’industria automotive può giocare nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal europeo, riteniamo che lo sforzo richiesto dall’attuale proposta non tenga in debito conto degli impatti industriali, economici e sociali di scelte così ambiziose e categoriche.
La previsione di un target a zero emissioni al 2035 per auto e veicoli commerciali segna l’abbandono delle più avanzate tecnologie di propulsione su cui, oggi, la maggior parte delle aziende della componentistica italiana, comprese le multinazionali presenti sul nostro territorio, sono ancora prevalentemente concentrate, compiendo una incomprensibile ed univoca scelta tecnologica, senza considerare il fondamentale contributo che le stesse potrebbero dare alla decarbonizzazione attraverso l’utilizzo di carburanti rinnovabili a basso contenuto di carbonio.
Anche la scelta di non prevedere meccanismi di flessibilità nella transizione, tra cui quelli per i piccoli costruttori, evidenzia una scelta ideologica che non tiene conto delle molteplici specificità della filiera automotive, penalizzando fortemente le nicchie d’eccellenza, in particolare quelle italiane.
In rappresentanza delle oltre 5.000 imprese della filiera industriale italiana, fortemente colpite da questa proposta, rivolgiamo un appello alle Istituzioni italiane ad adottare un percorso di accompagnamento della filiera della componentistica alla riconversione produttiva e di rappresentare con determinazione le istanze di uno dei settori più importanti del Paese nell’iter legislativo che seguirà la proposta nei prossimi mesi”.
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