Incentivi auto, appello al Governo: “tempo scaduto…”!
Monito dell’UNARE al Governo: “tempo scaduto per ideologie preconcette, antieconomiche e falsamente ambientaliste. È il momento di trovare i fondi necessari per un intervento su un settore strategico come l'automotive”!
In attesa del completamento dell’iter parlamentare sul Decreto Rilancio il mondo dell’auto si interroga sui possibili provvedimenti del Governo a favore del comparto automobilistico italiano, alle prese con una crisi spaventosa post Covid-19. In discussione ci sono vari emendamenti, che dovrebbero introdurre incentivi per l’acquisto di auto nuove e quelle in stock ferme nei concessionari. L’orientamento politico però è quello di favorire ancora una volta esclusivamente l’acquisto di auto elettriche, che in Italia rappresenta neanche il 2% del parco circolante, tagliando fuori perciò il restante 98% che rappresentano in vero volano economico dell’automotive.
Incentivi in Italia solo alle auto elettrica
In Italia la politica parla di incentivi auto solo per le auto elettriche e lo fa solo da un punto di vista ideologico, con il risultato di invecchiare ancora di più il parco circolante che nel nostro paese è fra i più vecchi in circolazione.
Il mondo dell’auto è in fermento ed un duro richiamo al Governo arriva dall’UNRAE, ovvero dall’Associazione delle Case automobilistiche estere che operano in Italia. In una nota l’UNARE dichiara la propria forte la preoccupazione per la posizione di chi, nella maggioranza di Governo, vorrebbe continuare ad incentivare esclusivamente l’acquisto di veicoli elettrici ricaricabili, con un atteggiamento ideologico e sordo a qualunque argomento pragmatico.
Scrive l’UNARE che chi ha veramente a cuore l’ambiente, e non solo una sterile ideologia, avrebbe il dovere di agevolare concretamente la sostituzione di veicoli vetusti con veicoli di ultima generazione. Chi ha veramente a cuore il Paese ed il lavoro, e non i provvedimenti di bandiera, dovrebbe avviare una seria strategia di sviluppo, a tutela di un settore che rappresenta 1/10 del PIL e delle entrate fiscali dello Stato: un settore che oggi rischia di scomparire, e per il quale non sono state trovate ancora risorse adeguate.
Le misure contro la crisi dell’auto
L’UNRAE, già da mesi, precisa che ha presentato alle Istituzioni le proprie proposte con misure concrete per il rilancio della domanda, fondamentale per uscire fuori dal guado della crisi.
Per il trasporto persone: l’allargamento dell’ecobonus per raggiungere una più ampia platea di cittadini, l’allineamento alla fiscalità europea dell’auto aziendale, il sostegno allo smaltimento dei veicoli invenduti durante il lockdown. Per il trasporto merci: gli incentivi alla rottamazione e l’incremento delle detrazioni per le imprese.
Incentivi alle auto con un listino sotto € 18.000 euro
Nelle ultime ore, addirittura, è stata paventata ancora la volontà di limitare gli incentivi ai soli veicoli con un prezzo di listino inferiore a 18.000 euro, e di escluderne tutti gli Euro 6 di ultima generazione a prescindere dal loro livello di emissioni.
Una misura del genere andrebbe a favorire pochissimi marchi fra le decine presenti nel segmento, creando una grave distorsione del mercato senza riuscire a rilanciarlo, con effetti nefasti sulla clientela (minore scelta e minori sconti), sulle emissioni medie (ricambio rallentato del parco circolante) e sul gettito dell’Erario (minore IVA incassata dallo Stato).
Modello tedesco e incentivi per uscire dalla crisi
Il modello tedesco per uscire dalla crisi, che punta tutto sulla mobilità elettrica, in Italia nell’immediato non è applicabile, per il semplice motivo che ci sono profonde differenze fra i due paesi, sotto il profilo sia del mercato (-35% nei primi 5 mesi dell’anno contro il -50%) che del circolante (già prima del Covid, quello italiano aveva un’età del 20% più elevata e un ritmo di rinnovo del 43% più lento rispetto a quello tedesco, che si giova di una quota di auto aziendali una volta e mezza più alta, grazie ad un fisco non ostile.
Il piano della Germania per uscire dalla crisi prevede incentivi fino a 9 mila euro a favore delle vetture a emissioni zero entro i 40 mila euro. Non sono incentivate le auto a benzina, gasolio, mild hybrid e full hybrid, anche quelle con valori di emissioni di CO2 contenute.
Poi ci sono sgravi fiscali a favore degli acquirenti di auto al di sotto dei 95 grammi/chilometro di CO2 , i quali non pagano nessuna aliquota aggiuntiva, e ricevono anche un credito di imposta di 30 euro, per un massimo di 5 anni, in caso di immatricolazione del veicolo dal 12 giugno 2020 al 31 dicembre 2024. In Germania le auto elettriche sono esenti da tasse fino alla fine del 2030. Attualmente l’esclusione riguarda, per una durata di 10 anni, auto a batteria o convertite in elettriche immatricolate entro il 31 dicembre 2020; nel nuovo regime fiscale si applicherà a tutte le immatricolazioni effettuate fino al 31 dicembre 2030. Inoltre la Germania ha poi in programma di ridurre temporaneamente l’Iva dal 19% al 16%.
Il piano tedesco obbliga anche tutte le stazioni di rifornimento (un totale di oltre 14 mila sull’intero territorio nazionale) di installare colonnine di ricarica per le auto elettriche o ibride plug-in.
Auto elettriche, differenze fra l’Italia e la Germania
Auto elettriche, quali sono le differenze fra l’Italia e la Germania? Perchè il modello tedesco nell’immediato non è applicabile nel nostro paese? Da sempre i tedeschi hanno sempre investito sul mondo dell’auto, applicando una tassazione più giusta e non esagerata come in Italia dove l’automobilista è stato visto sempre come un pollo da spennare ogni qual volta che c’è bisogno di liquidità (vedi le accise sui carburanti).
Per quanto riguarda la mobilità elettrica i nostri politici pensano che basta l’Ecobonus per far decollare un segmento che in Italia paga delle carenze infrastrutturali che ne pregiudicano il vero sviluppo. Senza dimenticare che se veramente si ha cuore le sorti dell’ambiente si deve puntare tutto su punti di ricarica che erogano energia pulita proveniente da fonti rinnovabili e non fossili.
Inoltre, per chi crede che l’Italia possa ispirarsi al modello di incentivi proposto dal Governo tedesco per il rilancio del settore nel dopo Covid-19, ci sono una serie di doverose precisazioni da fare. A differenza dell’Italia – precisa l’UNARE – la Germania ha già avviato da tempo e con incisività il percorso della transizione energetica, iniziando doverosamente dalle infrastrutture grazie a sostanziosi investimenti pubblici. Ma le differenze non finiscono qui:
- infrastrutture di ricarica: la densità di punti di ricarica pubblica ogni 100 km di rete viaria, in Germania è 3.5 volte superiore a quella italiana;
- parco circolante: quello italiano, tra i più anziani in Europa, già prima del Covid-19 aveva un’età del 20% più alta rispetto a quello tedesco, e soffriva un ciclo di rinnovo del 43% più lungo;
- mercato: in Italia durante il lockdown di marzo-aprile il mercato è crollato quasi del doppio rispetto a quello tedesco;
- aliquota IVA ordinaria: in Italia è al 22% anziché al 16% come previsto dalle recenti normative tedesche per i prossimi 6 mesi;
- trattamento fiscale dell’auto aziendale: in Germania l’IVA è da sempre detraibile al 100%, mentre in Italia solo al 40%, con una deroga perennemente rinnovata rispetto alla normativa europea.
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