Iniezione elettronica, storia e come funziona sui motori benzina
L’iniezione elettronica sui motori benzina è arrivata alla metà degli anni 60’, risolvendo il problema di calcolare esattamente la miscela di aria e benzina
L’iniezione elettronica nei motori a benzina comparve per la prima volta nella seconda metà degli anni ’60 e risolse l’annoso problema di calcolare la giusta miscela di aria e benzina in un motore.
Dalla nascita dei primi motori a benzina tecnicamente definiti “a combustione interna”, infatti si pone il problema di dosare l’esatta quantità di carburante per ottenere un buon rendimento, senza inutile consumo di carburante.
Iniezione elettronica calcola la miscela esatta aria/benzina
Il sistema di iniezione elettronica rappresentava un deciso salto in avanti rispetto ai pur ottimi carburatori prodotti dall’italiana Weber, fabbrica bolognese che forniva questi componenti montati sulle DS storiche: l’iniezione elettronica modulava infatti la carburazione tramite un calcolatore che calcolava per ogni giro del motore la giusta miscela di aria e benzina e donava alla DS ulteriore potenza e consumi più bassi, permettendo una varietà di rapporti aria/benzina pressoché infinita ed adattata alle condizioni di temperatura motore e ambientale, pressione dell’aria e richiesta di potenza da parte del conducente.
Miscela aria/benzina in un motore
Un motore per girare deve avere una miscela tra aria e benzina da inserire nei cilindri del motore, una miscela in cui il rapporto tra gli elementi sia ottimale in ogni condizione di funzionamento e quindi non costante ma variabile in base a diversi fattori, come il numero dei giri del motore, la sua temperatura e la richiesta di potenza da parte del conducente.
Infatti, se una miscela fatta con una parte di benzina per diciotto parti d’aria è ottimale per un funzionamento al minimo, non va bene per l’uso stradale che richiede una miscela di 1/15 o nel caso di una richiesta di potenza, ad esempio per un sorpasso dove sarebbe ottimale avere una parte di benzina ogni tredici parti d’aria, dosaggi che però possono variare in funzione di temperatura del motore, pressione barometrica, temperatura dell’aria eccetera, eccetera…
Carburatore auto a benzina
Prima dell’avvento dell’iniezione elettronica il problema fu risolto dai carburatori, alla fine dell’800. Il carburatore era un dispositivo che serve a variare la miscela tra aria e benzina (carburare) in base alla posizione dell’acceleratore, che dispone generalmente di un “parzializzatore” che riduce l’aspirazione d’aria in fase di avviamento (starter) e che tramite una pompa di ripresa permette di “spruzzare” benzina in più durante le accelerazioni.
Ma i carburatori meno sofisticati (in genere tutti quelli privi di controllo elettronico) non sono in grado di variare la miscela in base ai dati ambientali, fornendo al motore una carburazione “buona per tutte le occasioni”, ma raramente “perfetta”.
La svolta con l’arrivo dell’iniezione elettronica
La svolta vera arrivò nella seconda metà degli anni ’60, quando leggi ambientali via via più stringenti (specialmente negli Stati Uniti che fino a quel momento avevano trascurato il problema) spinsero i costruttori a trovare nuove soluzioni, rese possibili dal progresso tecnologico.
L’iniezione elettronica sulle DS
Così nel settembre ’69 la DS fu la prima auto francese ad adottare in serie un sistema di iniezione a controllo elettronico nelle versioni DS21 e poi DS23 berlina e Cabriolet, riconoscibili per la scritta Injection Electronique sul cofano bagagli, sotto al monogramma del modello.
La DS21 passò così dai 180 ai 195 km/h di velocità, da 115 a circa 130 cavalli SAE (che divennero 140 sulla DS23IE). A differenza dei sistemi di iniezione elettronica più moderni, infatti, il sistema montato sulle DS non aveva una “mappatura” e ricalcolava permanentemente i parametri di iniezione migliori in funzione delle variabili automaticamente fornite al calcolatore.
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